Alla ricerca di Nemo

Tutti a Sidney via Disney…
di Adriano Ercolani

 
  Finding Nemo, Usa, 2003
di Andrew Stanton, animazione


Ed ecco finalmente anche sui nostri schermi il nuovo, attesissimo film targato Pixar, l’opera di animazione che ha stracciato tutti i precedenti record d’incasso per quanto riguarda i cartoni animati. Ancor più di Shrek, ancor più di Monsters & Co., addirittura ancora più dell’apparentemente inarrivabile Re Leone, il pesciolino Marlin alla ricerca del figlioletto perduto ha sbancato i botteghini dell’estate americana oltre qualsiasi previsione, ed ha suggellato definitivamente il successo dell’accoppiata Pixar/Disney, contribuendo non poco a tenere innalzate le sorti ed il prestigio della seconda, che già da qualche anno non riesce più a proporre agli spettatori i capolavori di inizio anni ’90 (a parte forse Lilo & Stich).
Opera assolutamente straordinaria per quanto riguarda l’animazione al computer, che ha ormai raggiunto un livello di perfezione formale, Alla ricerca di Nemo rappresenta però a nostro avviso il punto più basso della produzione Pixar per quanto riguarda lo sviluppo della storia e dei personaggi, troppo inficiati dal più trito buonismo di marca disneiana. Ad una composizione visiva davvero notevole corrisponde perciò una sceneggiatura prevedibile e retorica, che mette in scena figure – soprattutto i due pesciolini protagonisti, Marlin e Nemo - già ampiamente viste e digerite, con tanto di finale in cui la frase più sentita è “Ti voglio bene…”. Non che la precedente produzione Pixar si discostasse poi tanto dall’ideologia e dai messaggi propagati dall’impero Disney, ma senza dubbio piccoli capolavori come Toy story, A bug’s life o Monsters & Co. avevano a loro vantaggio una sceneggiatura sapientissima e dei personaggi tratteggiati in maniera talmente precisa da riuscire a far passare ogni retorica di fondo. Nel caso di Nemo e soci invece la storia non spicca mai per originalità, ed anche il percorso dei protagonisti sembra più un viaggio a tappe, con le varie situazioni che si susseguono un po’ a casaccio invece che secondo un preciso schema logico. Seguendo questo percorso svagato anche la bellezza e simpatia di alcuni personaggi secondari, come ad esempio il gigantesco squalo, si perdono dietro ad una storia che non decolla mai, neppure in un finale piatto e troppo melenso (probabilmente anche per i bimbi di oggi...). A questa “medietas” di fondo aggiungiamo poi che in alcune parti Alla ricerca di Nemo si colora di tinte fosche, angoscianti, ed in due o tre punti addirittura tenta di spaventare lo spettatore, annaspando così in una eterogeneità che troppo spesso scivola nell’incoerenza.
Difficile dunque promuovere a pieni voti questo nuovo prodigio tecnico della Pixar, diventata ormai un punto di riferimento imprescindibile per l’animazione computerizzata; sembra quasi che il percorso iniziato da Lassiter e compagni si diriga in direzioni inversamente proporzionali. Più la capacità degli animatori riesce a stupire in quanto a competenza tecnica e risultato finale, più la vena creativa di coloro che devono inventare storie va assottigliandosi. Probabilmente l’influenza della “matrigna” Disney è ancora troppo forte perché la giovane nata possa spiccare il volo in piena autonomia. Speriamo nei progetti futuri, possibilmente più indipendenti nei contenuti.