Cinema, film, recensioni, critica. Offscreen.it


2 giorni a Parigi
Deux jours à Paris, Francia/Germania, 2007
di Julie Delpy, con Julie Delpy, Adam Goldberg, Daniel Bruhl

La coppia scoppia ai tempi di Sarkozy
recensione di Alessandro Gambino



Una strampalata coppia di New York in trasferta a Parigi: Marion, fotografa parigina e donna emancipata, Jack architetto della Grande Mela con l’ossessione per la privacy e la proprietà privata. Lei ritrova nella città natia la sua bizzarra famiglia, la sua caratteristica e polverosa casetta e la sua collezione di ex fidanzati. Lui, paranoico e ipocondriaco, si ritrova alle prese con una lingua ostile e una mentalità fin troppo aperta per i suoi gusti… I due giungono a Parigi carichi di belle speranze ma le rosee aspettative saranno presto disilluse e il loro rapporto messo duramente alla prova da una serie interminabile di fraintendimenti e discussioni. Dal titolo e dalla presenza di Julie Delpy, nella duplice veste di protagonista e regista, ci si poteva aspettare una variazione melensa su tema e luogo (da Vienna a Parigi) delle due pellicole di Richard Linklater, Prima dell’alba e Prima del tramonto, entrambi interpretati dalla stessa Delpy. Le tre opere, oltre tutto, hanno curiosamente in comune il passaggio alla Berlinale (senza dimenticare che nel primo capitolo viennese figurava anche Adam Goldberg, pupillo di Linklater, qui nel ruolo di protagonista). E invece questo esordio dietro la macchina da presa dell’attrice francese sorprende piacevolmente. Pur non essendo, ovviamente, all’altezza di Linklater, Julie Delpy firma un piccolo film low budget divertente e per niente romanticheggiante e sdolcinato, anzi. Girato quasi interamente con la macchina a mano e sostenuto da un montaggio a tratti accelerato e frenetico, 2 giorni a Parigi è una commedia tutta giocata nel confronto fra cultura europea e cultura americana. Ciò basta, di questi tempi, per farla diventare un’opera politica. Attraverso la messa a nudo di stereotipi e luoghi comuni vengono allegramente presi per i fondelli tutti i vizi privati e le pubbliche virtù di vecchio e nuovo continente, in una prospettiva ancora più significativa dopo l’avvento in Francia del governo di Sarkozy. La neoborghesia sarkoziana è del resto uno dei bersagli polemici della regista, insieme ai liberal americani, anticonformisti e democratici fino a quando non si mette in discussione la proprietà privata e la propria donna! Ma al di là delle implicazioni politiche, 2 giorni a Parigi è anche (e forse soprattutto) un’esilarante fenomenologia delle nevrosi che strutturano le dinamiche relazionali di tipo amoroso. In questa descrizione, ai dialoghi argutamente logorroici e isterici fanno piena corrispondenza le immagini, strabordanti, in eccesso, che si susseguono sostenute da altrettanta logorrea e isteria. In questo Julie Delpy - regista trova, se non proprio l’originalità, comunque uno stile personale, con tanto di citazioni e omaggi, a partire da Ultimo tango a Parigi, “rimesso in scena”, in una sequenza, da Jack e Marion. E ambisce a una vera e propria dimensione autoriale, dal momento in cui firma anche la sceneggiatura, il montaggio e le musiche. Forse meno brava come attrice protagonista (anche se, ad onor di cronaca, non aiutata dal doppiaggio italiano che la fa sembrare la sorella dell’ispettore Clouseau), l’attrice francese, tuttavia, riesce ad azzeccare, in fase di scrittura, quasi tutti i personaggi che, seppur si fermano allo stato di macchiette, riescono a strappare non poche intelligenti risate allo spettatore. “I miei precedenti progetti non hanno trovato un finanziamento perché il budget si aggirava intorno ai cinque milioni. Un mio amico mi ha suggerito di considerare un progetto a basso budget per la mia opera prima” ha dichiarato Julie Delpy. Evidentemente ha dei buoni amici, saggi consiglieri.