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1408
id., Usa, 2007
di Mikael Håfström, con John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Jasmine Jessica Anthony

Cartoline dall’inferno
recensione di Stefania Leo



Mike Enslin (John Cusack) fa lo scrittore. Gira l’America a caccia di storie di fantasmi e camere d’albergo. Porta un cappello con su scritto “Paranoia is total awareness” e lo fa con piena cognizione di causa.
Dopo la morte di sua figlia Katie (Jasmine Jessica Anthony), la voglia di provare ancora paura, qualche emozione, di qualunque tipo, è tutto ciò che lo guidano attraverso le strade del grande paese alla ricerca di fantasmi e brividi. Scrive libri di cui non frega niente a nessuno, mentre qualcuno ricorda ancora quando le pagine di Enslin erano quelle di un vero scrittore.
Un giorno, spulciando la posta, Enslin trova una cartolina che raffigura il Dolphin Hotel di New York. Sul retro un semplice messaggio: “Non entrare nella 1408”. Se foste stati al posto di Enslin, scrittore inutile, marito codardo e iracondo, essere umano alla deriva, cosa avreste fatto?
Ovviamente Mike Enslin raccoglie i suoi strumenti da acchiappafantasmi e copre la distanza fra sé e la camera maledetta. Gerald Olin (Samuel L. Jackson) lo avverte: “Nessuno è mai uscito vivo dalla 1408”. Ma Enslin ha solo voglia di correre verso questo brivido ignoto, non sapendo quanto dovrà pentirsi di questa decisione. Sorride, prende la chiave ed entra nel suo incubo personale.
1408 è un thriller psicologico, centrato su un ricco percorso performativo del protagonista, ben girato dal regista svedese Mikael Håfström. Stimato, con una nomination all’Oscar, Håfström ha lavorato finora essenzialmente a film sulla sua terra natia. Si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica americani con il thriller Derailed (2005), con Clive Owen e Jennifer Aniston.
La trasposizione cinematografica del racconto di Stephen King, ha fornito l’occasione di presentare ad attori del calibro di John Cusack e Samuel L. Jackson una sceneggiatura accattivante, che ha subito convinto il fantastico protagonista di Alta fedeltà e il folle interprete, tra gli altri, di Snake on a Plane, a prestare i propri volti familiari e amati dal pubblico di tutto il mondo ad un intricato incubo onirico-psicologico.
Scorrono i minuti, il pubblico più avvezzo ai film dell’orrore, ai trucchetti da salto sulla sedia, all’urletto trattenuto in gola, beve tranquillamente ogni scena di 1408. Si colgono con grazia i riferimenti al cinema di Hitchcok. La fotografia, ben studiata e visibilmente figlia di un cinema più europeo, più attento ai dettagli e all’uso della luce, affascina e cattura. L’uso che Håfström ha fatto dei 400 effetti speciali è molto più reale di quello che si crede: il regista ha dichiarato che, per esempio, per creare l’effetto di un muro che crolla, quel muro è stato davvero abbattuto. Il tutto per cercare di integrare gli effetti speciali nel modo meno chiassoso e più consono alla sobrietà del film. Gli attori, sempre a metà fra il comico e il sublime, dipanano la matassa dell’incubo della camera 1408, da cui nessuno non può uscire vivo, regalandoci alcuni scambi di battute davvero magnifici.
Per esempio: Gerard Olin, rivolgendosi a Mike Enslin: “Lei beve, vero?”,”Certo che bevo! Le ho appena detto che sono uno scrittore!”.
Il modo in cui Mike Enslin incarna gli stereotipi che è costretto a portare su di sé, è lucido, sobrio anche nella chiassosità delle camice hawaiane. Perché consapevole di se stesso come essere umano, dei suoi limiti, dei suoi errori. Per una sorta di legge del contrappasso, in seguito alla morte della piccola Katie, Enslin insegue i suoi fantasmi attraverso quelle dei fantasmi d’America. Ma nella stanza 1408 non c’è un fantasma ad aspettare: c’è solo “una stanza fottutamente cattiva”.
Il film rappresenta un’interpretazione fresca di un genere molto battuto come quello del thriller psicologico, forse proprio perché in 1408 si intersecano i linguaggi dei film sui fantasmi, del thriller psicologico e del cinema d’introspezione. I confini fra il reale e la fantasia appaiono appena nascosti e confusi, ma permea il film di un tema molto importante nella storia del cinema, quello del sogno. L’asfissia provocata dalla sensazione vissuta da Mike Enslin di essere in un vicolo cieco, assediato dai propri incubi, risucchia anche lo spettatore e in questo Cusack è davvero bravo a restare fedele al crescendo della paura e del terrore, senza scadere nel grottesco. A proposito di attori, colpisce il cameo di Johann Urb, qui nei panni di un surfista californiano, ma noto più sul piccolo schermo perché interpreta uno degli attori/burattini di Courtney Cox nella serie tv Dirt .
1408 è un invito ad un soggiorno nell’incubo. Questa stanza stana le paure, draga la melma del rimosso e mette di fronte a se stessi, in tutta la propria nudità e vulnerabilità.
In più, se siete degli scrittori in cerca d’ispirazione, qui ne troverete davvero a pacchi.