Reefer madness
La pillola antiborghese
di Donatella Valeri

 
  Tell Your Children - Reefer madness, USA, 1936
di Louis Gasnier, con Dave O'Brien, Dorothy Short, Warren McCollum, Lillian Miles, Carleton Young, Thelma White.


Nella migliore tradizione gesuita, le immagini accattivanti e un buon racconto sono gli strumenti educativi per eccellenza. Introdotto come un documentario, Reefer madness venne girato con l’intento di portare alla luce uno dei problemi sentiti come impellenti dalla società americana degli anni ’30: il dilagante consumo di marijuana.

The Sweet "Pill" That Makes Life BITTER!
Il modello classico dell’American Way of Life, nelle vesti del direttore di una high school americana, ragguaglia sul pericolo insito a tutti i livelli della società: ovunque vi troviate, la minaccia della droga può raggiungervi e inquinare la vostra tranquillità. Le statistiche dimostrano che il consumo di droga si sta allargando a dismisura e nessuno ne è immune. Un dito puntato verso ognuno dei ascoltatori nell’aula scolastica (e nella sala cinematografica) evidenzia l’importanza e l’urgenza dell’avvertimento.
Seguendo pedissequamente la pratica gesuitica, all’ammonimento fa seguito un esempio. Il genere documentaristico viene accantonato dopo poco per lasciare carta bianca a una storia da narrare. E’ qui che entra in campo la scelta stilistica del racconto: un vero e proprio film di finzione con tanto di personaggi principali e secondari, intrighi, sparatorie, omicidi e polizia.

Women Cry For It - Men Die For It!
Una coppia di borghesi è solita organizzare festini per i propri amici a base di marijuana. Scopo malsano dei due “pervertiti” è accrescere la cerchia di dipendenti della pericolosa droga. Alla lucidità della coppia che sembra non subire alcun effetto stupefacente si contrappone la perdita di controllo di tutte le persone che vengono a contatto con loro e con la droga: il socio in affari, un’amica, un giovane e ingenuo studente e la sua fidanzata. A parte la coppia malefica e istigatrice, la marijuana conduce ogni personaggio a superare i limiti morali, dal sesso all’omicidio.
Viene utilizzato il genere poliziesco, per raggiungere più velocemente lo scopo di educare la massa. E’ qui che si scopre la potenza politica delle immagini: la morale deve rimanere palese e la forma non può distrarre il pubblico fruitore del film. Quindi nessuna deviazione verso scelte stilistiche troppo ardite, niente colpi di scena nel racconto, e nessuna ambiguità. L’intento della pellicola è spaventare; non c’è bisogno di approfondire i personaggi o chiarirne il passato, basta renderli delle macchiette, facilmente comprensibili e identificabili. Le immagini sono fin troppo chiare: i personaggi da tranquilli esponenti della borghesia mutano gradualmente in “mostri”. In poco più di un’ora di pellicola, viene accentuata la trasformazione sia comportamentale sia fisica dei personaggi: giovani timidi e “per bene” divengono disinibiti, agitati, irrequieti e in preda a un riso incontenibile; il loro viso si fa scavato, i loro occhi invasati, i loro gesti nervosi e incomprensibili.

Drug-Crazed ABANDON!
Sotto l’effetto della droga si diventa pericolosi: si può uccidere un pedone investendolo con un’auto, si può sparare a un contendente in amore o colpire a morte un amico. In questa direzione l’apice del film è raggiunto nel finale: nel ricordo di una giovane donna si alternano velocemente le immagini di bellezza pacata e innocente dei protagonisti e la loro mutazione in violenti omicidi. A questo punto il suicidio rimane l’unica soluzione di fronte alla disperazione. Per la forte carica emozionale, questa breve carrellata servirebbe da sola a riassumere l’intento del film.
L’ordine viene ristabilito: i cattivi uccisi o puniti. Quindi una parabola che si chiude con un ennesimo e gratuito monito del narratore: una parabola tutt’altro che sottile che oggi fa sorridere, ma che è interessante come dimostrazione ingenua dell’uso del potere politico dell’immagine.