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una Mamma per amica
Gilmore Girls, Usa, 2000
Creato da Amy Sherman, con Lauren Graham, Alexis Bledel, Scott Patterson, Kelly Bishop

Un mondo al femminile
di Paola Galgani



Lorelai, ragazza di buona famiglia, è rimasta incinta a sedici anni e da allora se l’è dovuta cavare da sola lavorando e crescendo sua figlia nella cittadina di Stars Hollow. I freddi rapporti con i suoi genitori consistono in un’unica visita annuale natalizia, ma quando la figlia ormai sedicenne, la dolce Rory, chiede di frequentare una scuola privata prestigiosa e molto costosa che le permetterà di studiare ad Harvard, Lorelai non può far altro che chiedere aiuto ai suoi che come ricompensa pretendono di avere a cena ogni venerdì, per l’eternità, figlia e nipote (rigorosamente in abiti da sera).
Queste le premesse narrative per la trama di una serie che ha visto scorrere negli anni ben sette stagioni, l’ultima delle quali conclusasi con un nervoso cambio di autori e con un finale frettoloso e deludente per le esigenze delle due attrici protagoniste di prendere altre vie lavorative. Dunque seguendo lo svolgersi dei fatti, che in realtà contempla ben poca azione - litigi di Lorelai con la madre, sue traversie lavorative, studi e laurea di Rory, avventure sentimentali di entrambe - assistiamo anche alla maturazione dei personaggi o meglio della sola Rory (da adolescente secchiona e introversa a bellissima e corteggiata neogiornalista) dato che Lorelai rimane essenzialmente uguale a se stessa, pregi (forza, fascino, sense of humour) e adorabili difetti (caffeina-dipendenza, logorrea, ostinazione, incapacità di cucinare e di mangiare qualunque cosa sia verde o arancione). Come accade alle serie longeve, godiamo anche dell’invecchiamento fisiologico dei personaggi, o crescita nel caso di Rory che si trasforma da innocente crisalide in rilucente farfalla, cambiamento opportunamente sottolineato dal look e dal trucco più sofisticato: e la presenza di Alexis Bledel rappresenta, assieme a quella della carismatica Lauren Graham, la prima attrattiva della serie anche per i giovani spettatori di sesso maschile, che comunque sono una minoranza.
Eh già, perché il mondo Gilmore è essenzialmente femminile, sia nella sua concezione sia per il target (lo dimostra la stucchevole sigla, per fortuna smentita dall’ironia della sceneggiatura): conferma ne sia la cura ed il realismo della psicologia delle due protagoniste, mentre quella dei personaggi maschili, che siano fidanzati, padri o amici - da Luke a Christopher, da Dean a Logan al padre di Lorelai - è assolutamente monocorde o macchiettistica. Non c’è posto per gli uomini in un microcosmo in cui ci si consola, ci si consiglia, ci si ammira e soprattutto ci si diverte solo tra amiche; tutto ciò che viene dall’esterno è reso oggetto dell’inimitabile ironia di Lorelai e sdrammatizzato, ridotto ai minimi termini per essere miniaturizzato come i mobiletti della casa di bambole con cui da piccola i genitori di Lorelai non la facevano giocare e che ora troneggia nel suo salotto, finalmente di sua proprietà.
La forza del prodotto è dunque nella caratterizzazione di queste due splendide ragazze così intime che si fatica a crederle madre e figlia, come è ben sottolineato già dalla prima puntata (lo dice un ragazzo che cerca inutilmente di abbordare prima l’una, poi l’altra). È indubbio che per creare un personaggio come quello di Lorelai bisogna aver avuto delle esperienze simili alle sue, non necessariamente una gravidanza precoce ma il peso di una madre opprimente, egocentrica, indifferente e distante; ed è quel modello materno che la giovane donna si sforza di cancellare col tipo di educazione e di rapporto con sua figlia. Quest’ultima, se gode dell’invidiabile vantaggio di crescere con una "mamma per amica" (niente pranzo domenicale ma pizza davanti alla tv, libertà nelle uscite e nell’abbigliamento), in compenso risulta una disadattata (un intera puntata è dedicata alla descrizione di come persino il preside della Chilton si dia pena di tentare inutilmente di integrarla nella scuola). Del resto, la sua "best friend" è un’altra outsider, una buffa coreana cristiana aspirante batterista, mentre la migliore amica e socia di Lorelai è una cuoca obesa sposata ad un produttore di ortaggi, la cui scelta come migliore amica forse simboleggia il dispettoso distacco di Lorelai dall’ambiente sociale elevato cui i suoi l’avevano destinata. Anche la "fissa" che Rory - ma anche sua madre, come compensazione ai suoi studi mancati - ha per l’università di Harvard, suo sogno da quando era in fasce (anzi in T-shirt di Harvard) si può leggere come un desiderio di essere amata e apprezzata, mancandole la figura paterna e qualsiasi membro di famiglia che non sia la sua onnipresente madre (ma il paesino di Stars Hollow l’ha amorevolmente adottata, come si evince dall’ultima puntata).
La ragazzina abbandonata dal padre ha una classica fifa matta dell’amore: dopo tre mesi lascia il suo primo ragazzo perché non vuole dirgli "ti amo", non manifesta mai apertamente il suo dolore per il comportamento del secondo boyfriend Jess, e infine molla il ricchissimo rampollo dopo anni di fidanzamento per non rinunciare alla sua libertà. Questo per dire che il sostrato di Gilmore Girls è tutt’altro che lieto, nonostante sia condito da un impagabile umorismo quasi alleniano, come le nevrosi di Lorelai, il che costituisce la seconda attrattiva della serie. Oltre all’humour, nelle rapidissime parole dell’inarrestabile donna è presente un continuo riferimento a personaggi contemporanei americani e non (guest star sono famosi scrittori e giornalisti), a pellicole recenti, ad altre serie tv (ma anche Gilmore Girls è citata in ogni serie, essendo ormai da tempo un cult in mezzo mondo). Insomma, una strizzata d’occhio allo spettatore (spettatrice!) più sensibile ed esigente, che assieme alla dolcezza, alla tenacia, alle contraddizioni di Lorelai e di sua figlia ha dato vita ad un ritratto di madre e figlia ormai entrato nell’immaginario collettivo.
Il resto lo fanno un’ambientazione simpatica, gradevoli personaggi secondari, una regia essenziale, una scenografia curatissima e molto originale, costumi vivacissimi. A volte per una serie di successo non c’è bisogno di medici, investigatori o poliziotti, basta una mamma; quella ideale, però, per scambiarsi lucidalabbra e cd.